È una realtà ormai nota a tutti noi, ma probabilmente meno noto è che, per far funzionare tutto questo, serve un flusso globale d’acqua in costante movimento, indispensabile per raffreddare un numero sempre crescente di data center che generano calore in tutto il mondo. A settembre 2023, c’erano oltre 9.000 strutture di elaborazione dati in tutto il mondo, più della metà delle quali situate negli Stati Uniti. Di pari passo con questo vorace appetito per le capacità di calcolo – in parte stimolato dalla formazione di sempre più intense ed efficaci applicazioni di intelligenza artificiale (IA) – e con la nostra crescente dipendenza da un’infrastruttura digitale, arriva la domanda di enormi quantità di energia. Nel 2020, circa l’1-2% del fabbisogno complessivo di elettricità in tutto il mondo è stato consumato dai data center, di cui oltre il 40% è stato utilizzato per il raffreddamento. Parallelamente a questo massiccio aumento del consumo di energia a scopo di refrigerazione, per la medesima finalità cresce anche la domanda di acqua. Secondo studi recenti, “il prelievo operativo di acqua dell’IA globale potrebbe raggiungere i 4,2-6,6 miliardi di metri cubi nel 2027”, pari a “4-6 volte il prelievo annuale totale di acqua della Danimarca o alla metà di quello del Regno Unito”. Un’analisi di alcuni Paesi dell’OCSE e della composizione della domanda d’acqua dei servizi di dati corrispondenti evidenzia ulteriormente il ruolo cruciale dell’acqua per mantenere i flussi di dati.